Pozzoleone
La Storia di Pozzoleone
E’ difficile ricostruire l’origine della sua denominazione. Il comune fin dal 18/8/1867 era chiamato solo “Pozzo”. Il Sindaco di allora sig. Benozzati, per distinguerlo da altri paesi dello stesso nome, chiese l’autorizzazione di apporvi l’aggiuntivo odierno, prendendo argomento dal sigillo parrocchiale che porta un leone accanto ad un pozzo. Fu così che re Vittorio Emanuele II in Firenze decretava: “Il Comune di Pozzo ad assumere la denominazione di POZZOLEONE”. Due sono le Chiese che troviamo nel capoluogo. La Chiesa parrocchiale è dedicata a Santa Maria e dipendeva dall’Abazia di San felice di Vicenza fino dal 1630. Distante circa un chilometro dalla parrocchia troviamo un’altra Chiesa (ora sconsacrata) dedicata a San Valentino, costruita dai Frati Benedettini nel 1634, la quale si trova attualmente, purtroppo in stato di completo abbandono. Il Comune originariamente si estendeva su un’area paludosa e malsana che, soltanto grazie alla paziente ma costante opera dei Frati Benedettini, potè essere risanata e bonificata. Oggi il terreno è particolarmente fertile ed è ben sfruttato in agricoltura principalmente con prati stabili irrigui che consentono la produzione del formaggio Grana Padano ed Asiago. Sotto il profilo artistico nel capoluogo è ancora oggi possibile vedere, in via Vittorio Emanuele, la villa seicentesca dei conti Capra, di stile gotico, la quale per trapassi ereditari fu divisa in due blocchi già dal settecento ed è ora di proprietà delle famiglie Carli e Dalla Via. Meta ininterrotta di migliaia di fedeli è il Santuario della Madonna di Scaldaferro qui invocata “Salus Infirmorum” che da circa 350 anni rappresenta un fuoco di fede. La Chiesa di Scaldaferro, un tempietto di forma ottagonale, fu fatta costruire nel 1715 dal conte Nobile Girolamo Venier. E per finire giungiamo a Friola, forse la più ricca di tradizione e di storia, posta nelle adiacenze del fiume Brenta ove un tempo sorgeva uno scalo portuale di comunicazione con i comuni dell’altra sponda del fiume nonché per il trasporto commerciale di legnami diretti verso terre veneziane. Era qui che si fermavano gli abili “zatterieri” di Valstagna i quali, pagato il “dazio” quando passavano sotto il ponte di Bassano, proseguivano per Limena, Padova fino a raggiungere Chioggia e Venezia.
La tradizione vorrebbe che il territorio di questa località fosse stato un tempo molto più esteso di quello che è al presente e la Chiesa si trovasse allora nel luogo ove sono posti i campi del beneficio parrocchiale e fosse stata abbattuta da una piena del Brenta; pare che in quella occasione il fiume abbia addirittura cambiato il suo corso.Ricostruire la etimologia della denominazione attuale “Friola” è cosa assai ardua. Esistono più interpretazioni. Forse il nome è derivato da una parola composta come Friuli da Forum Iuli. Negli scritti vecchi era latinizzato in Friula. Oppure è una specie di aggettivo dal latino “friare” cioè terra friula o friabile, come doveva essere in quel tempo quando era percorsa dal Brenta o, infine un aggiuntivo sostantivo di terra o casa Friula o Priula, giustificato questo dal fatto di chiamarsi da tutti “la Friola”. La Chiesa antica portata via dal Brenta, era dedicata a Santa Maria, quella attuale a Sant’Ambrogio. Questa era una chiesetta privata della nobile famiglia Tavola, che la donò al Comune quando l’altra fu distrutta.
In Friola pochi sono i ruderi dell’antico castello volgarmente chiamato “Castellaro” che trovasi nominato già nel 1487.
Nel 1748 in occasione di una eccezionale inondazione del fiume Brenta, si fermò a Friola la miracolosa immagine della Beata Vergine del Pedancino portata via dalla furia delle acque del torrente Cismon dell’Omonimo Comune. Di particolare pregio è anche la Villa Condestaule (in località Belevedere lungo via San Michele), così chiamata dall’omonima famiglia proveniente dalla Grecia, che riflette la civiltà architettonica Bassanese del milleseicento, ora di proprietà della famiglia Rosin.
La Chiesetta di San Valentino
Per ripercorrere la storia dei monaci benedettini e della chiesetta di san Valentino, utilizziamo la ricerca storica del prof. GIORDANO DELLAI, nel libro “POZZO, LA FRIOLA E LA CONTRADA DEGLI SCALDAFERRO”, stampato nel gennaio 2008 dal Comune di Pozzoleone.
Nel 902, all’indomani della calata degli Ungari, il Monastero di San Felice di Vicenza ottenne dal re Berengario I° , la donazione di 500 campi di vegra identificati come Braidum Sancti Viti ( ossia “fondo rurale di San Vito), che nei secoli si sarebbe evoluto nella denominazione di Bressanvido, comprendente anche aree più o meno estese di Pozzo, Poianella, Ancignano, Lupia.
Nel 975 il Vescovo Rodolfo donò al Monastero di San Felice di Vicenza altre proprietà in Pozzoleone per concorrere al miglioramento delle coltivazioni e della redditività a sostentamento dei monaci benedettini e della popolazione. Questa donazione ricomprendeva espressamente la chiesa parrocchiale di S. Maria di Pozzo, come conclamato dalle successive decime.
Di quel periodo nulla è pervenuto circa l’origine della chiesetta di San Valentino, che non era presente nelle riscossioni decimali dei successivi 1297 e 1301. “A giudicare da un documento del 1311, giuntoci in copia non sicura, il toponimo “San Valentino” esisteva già all’inizio del Trecento, un particolare che farebbe pensare alla presenza già in quell’anno di un capitello o di un piccolo oratorio dedicato al santo. Sicuramente furono i monaci vicentini di San Felice a costruire la chiesetta di San Valentino, santo molto venerato dall’ordine benedettino..”
“Giuseppe Mantese, illustre storico della Chiesa vicentina, non ebbe dubbi: la chiesa campestre di San Valentino è di indiscutibile origine benedettina. Ed in effetti, in assenza di prove certe, è molto alta la probabilità che questa chiesetta, situata a circa un km. A nord della chiesa parrocchiale diS. Maria, a poche centinaia di metri dall’argine destro del Brenta lungo la quale correva la “Strata”, un’antica strada che andava ad Angarano, e nell’altra direzione forse portava a Padova (conosciuta anche come Arzere della Regina), sia stata fondata dal Monastero dei SS. Felice e Fortunato di Vicenza, che in epoca medioevale aveva in mano buona parte del paese di Pozzo e la giurisdizione della chiesa di S. Maria, capella della pieve di Bressanvido.”
“Sicuramente questa chiesa è stata edificata in età medioevale e molto probabilmente prima del 15 agosto 1311, quando il vescovo Sperandio avrebbe consacrato la nuova chiesa di Pozzo, intitolata S.Maria, “fondata e dotata di cinque campi dal Comune di Pozzo in contrada della Croce e di San Valentino”
“Fin dalle sue origini la chiesetta di San Valentino fu gestita dal parroco di Pozzo, che non a caso si definiva “retore delle chiese di S. Maria e S. Valentino”. L’importanza di questa chiesetta sarebbe comprovata da un particolare che riguarda il patrimonio immobiliare della parrocchia: su 21 campi vicentini posseduti nel già citato inventario del 1447, ben sette, praticamente un terzo, quasi tutti arativi con piccoli lotti di prato e bosco, erano situati nella contrada di San Valentino. In quell’anno la chiesa era sicuramente esistente perché i monaci del San Felice e San Fortunato di Vicenza investirono il prete albanese Alessio di Giorgio del ruolo di rettore delle chiese di S. Maria e S. Valentino. Inoltre qualche anno prima, in un testamento del 6 febbraio 1442 la testatrice ordinò agli eredi di versare due lire per la riparazione della chiesa di San Valentino di Pozzo. Più tardi, il 15 agosto 1528, in occasione della concessione della parrocchia di Pozzoal “prè” Giovanni Tamburrini, la chiesetta di San Valentino fu definita “cappella”, un termine che indicava una realtà minore rispetto alla chiesa di S. Maria.
In un documento del 1517 il parroco di Pozzo destinava una considerevole somma per la festa di San Valentino che si sarebbe tenuta il 14 febbraio 1517, che rappresenta il prodromo della attua Fiera di San Valentino.
Della visita vescovile del 23 settembre 1583 così scrive lo storico Giordano Dellai :
“Il vescovo di Vicenza mons. Michele Priuli si recò a visitare questa chiesa di San Valentino, definita da don Marcantonio “di devozione massima” e quindi degna di tutta l’attenzione possibili. Il Vescovo non risparmiò le disposizioni, segno che non tutto era di suo gradimento (omissis)”
Passavano gli anni, si uccedevano i parroci di Pozzo, ma la fama della chiesetta e della festa di San Valentino rimaneva intatta. Verso la fine del Seicento, il 25 aprile 1687, don Salvatore Piva disse di celebrare nella chiesa di San Valentino ogni prima domenica del mese ed in altri quattro o cinque giorni feriali, sempre che il tempo e permettesse l’accesso (omissis).
A quel tempo la chiesa di San Valentino aveva un unico altare con una pala di legno raffigurante una immagine di San Valentino, c’era una croce di oricalco e quattro candelabri di legno; secondo il delegato del Vescovo che la visitò, bisognava provvedere l’altare di tutte le cose necessarie ad una decente manutenzione; vi era anche una reliquia di San Valentino martire nel tabernacolo di legno all’interno di un panno di seta contenuto in un vaso di vetro con autorizzazione del 16 novembre 1676 ed il sigillo del vescovo Giuseppe Civran del 14 febbraio successivo; la sacrestia era posta dietro l’altare, mentre all’interno della chiesa, sulla destra guardando l’uscita, si potevano vedere alcuni ex voto ed antiche immagini dipinte, dall’altra parte la finestra era senza alcun telo”
Nella visita vescovile del 01 maggio 1769 fu descritto anche un piccolo campanile da cui pendevano due campane.
Delle vicende della chiesetta nei secoli XVIII e XIX avremo modo di parlarvi in altro momento avremo modo, quado tratteremo della ANTICA FIERA DI SAN VALENTINO. Ma questa è un’altra storia.
Dopo la sconsacrazione, avvenuta nel …, per lunghi decenni la chiesetta non venne utilizzata, finendo nell’abbandono e nel degrado.
La Parrocchia di S. Maria e S. Valentino ne aveva acquisìto formalmente la proprietà con il Decreto del Vescovo di Vicenza 11 gennaio 1989 n. 5068, trascritto alla Conservatoria RR.II. di Bassano del Grappa il 28 dicembre 1989 Rg. 7305 Rp. 5667.
La preoccupazione dell’Amministrazione comunale di Pozzoleone per il restauro ed il recupero architettonico, in funzione di un uso pubblico, ad esempio come museo contadino, condusse nel 2012 ad un accordo con la Parrocchia di S. Maria e S. Valentino per la costituzione di un Comitato per il recupero ed utilizzo; con deliberazione di Giunta comunale n. 10 del 26 gennaio 2012 venne approvato un progetto prot. 717 del 07.01.2012, di importo complessivo di €. 324.392,18 di cui €. 268.896,94 per lavori, per consentire il reperimento di adeguati finanziamenti.
L’anno successivo, nel 2013 la chiesetta è stata restaurata dal Comune di Pozzoleone, tramite il Piano Integrato d’Area Rurale PIA-T amiche Terre del Brenta Misura 323/a, (DGRV. 1034 DEL 18.06.2013), con il progetto del 1° stralcio dell’ing. Gabriele Zorzetto di Vicenza, di importo complessivo di €. 128.500,00 di cui €. 104.86,08 per lavori, giuste deliberazioni di Giunta comunale n. 82 del 06.08.2013, n. 26 del 06.03.104); il 2° stralcio esecutivo, sempre dell’ing. Gabriele Zorzetto di Vicenza (deliberazione n. 156 del 24.12.2014) di importo complessivo di €. 375.527,79 di cui €. 296.456,13 per lavori, per il quale il Comune non disponeva di fondi sufficienti.
Il progetto del 2° stralcio consentì la presentazione della istanza di contributo alla Fondazione Cariverona, in data 29 luglio 2015 per €. 65.000,00 (deliberazione di Giunta comunale n. 117 del 16.10.2015), in forza del quale il progetto medesimo venne revisionato nell’importo complessivo di €. 84.000,00 di cui €. 68.150,00 per lavori (deliberazione n. 118 del 16.10.2015), eseguiti dalla ittaCFP Costruzioni di Vicenza.
Da ultimo, la stradina di accesso alla chiesetta, al Catasto Terreni foglio 9 mappali n. 163 e 383, denominata anch’essa via San Valentino, è stata ceduta al Comune di Pozzoleone dall’Istituto Diocesano per il sostentamento del Clero della diocesi di Vicenza, giuste delibere consiliari n. 59 del 09.11.1995 e n. 3 del 29.01.2014.
In altro momento avremo modo di parlarvi della ANTICA FIERA DI SAN VALENTINO.
Ma questa è un’altra storia.
Si ringrazia l’autore della pubblicazione prof. GIORDANO DELLAI, per la gentile concessione alla pubblicazione degli stralci sopratrascritti.
Il Santuario di Scaldaferro
Per ripercorrere la storia del Santuario di Scaldaferro, utilizziamo ancora una volta la ricerca storica del prof. GIORDANO DELLAI, nel libro “POZZO, LA FRIOLA E LA CONTRADA DEGLI SCALDAFERRO”, stampato nel gennaio 2008 dal Comune di Pozzoleone.
La Chiesa della Beata Vergine della Salute conosciuta come Santuario di Scaldaferro “Salus Infirmorum”, si trova in località Scaldaferro di Pozzoleone che trae il nome dalla professione di scaldaferro (cioè di fabbro ) che nella seconda metà del Quattrocento era insediata nella contrada.
Furono i Monaci di San Felice di Vicenza che avevano ottenuto dal re Berengario I° , la donazione di 500 campi di vegra identificati come Braidum Sancti Viti ( ossia “fondo rurale di San Vito), che nei secoli si sarebbe evoluto nella denominazione di Bressanvido, comprendente anche aree più o meno estese di Pozzo, Poianella, Ancignano, Lupia, a favorire la attività artigianale che continuò nei decenni successivi, con una fucina che dalle mappe venne indicata come “cortivo Mocenigo”.
“All’inizio del XIX, mentre il governo napoleonico provvedeva a sopprimere le corporazioni religiose ed a requisire tutti i ben, l’oratorio della Madonna della Salute di Scaldaferro era giunto in proprietà di Francesco Scaramuzza, erede dei nobili Venier che nel 1715 avevano edificato un tempietto ottagonale decorato a stucco , con altare dedicato alla Vergine, proprio là dove qualche decennio prima sul muro esterno della fattoria dominicale di proprietà dei conti Mocenigo era stata dipinta l’immagine della vergine Maria “emanante raggi di luce” o dove scorreva la roggia nella quale, secondo un’altra tradizione, sarebbe stato ritrovato il dipinto della Madre del Cristo….
Tra la seconda metà del ‘700 e l’inizio dell’800, vennero aggiunte ai lati della Madonna le figure di S. Antonio da Padova con giglio e libro sulla sinistra, e di S. Francesco d’Assisi con croce e libro sulla destra…”.
Nel 1839 il tempietto apparteneva ancora ai fratelli Giacomo e Fabio Scaramuzza, che detenevano anche i fondi adiacenti. Nel 1853 l’intera proprietà passò all’arciduca Raniero Ferdinando d’Austria, e nel 1882 andò al conte Carlo Francesco Bardeau ed ai suoi eredi.
“Frattanto la chiesa di Scaldaferro, ormai già definita “santuario” continuava ad attirare folle di fedeli, particolarmente devoti verso l’immagine luminosa della Vergine e fiduciosi di ottenere un beneficio rivolgendosi alla “Salus Infirmorum” d tutti i cristiani. Quando don Elia Dalla Costa nel 1901 divenne parroco di Pozzoleone, si impegnò con tutto se stesso per mettere fine al giuspatronato di un privato sulla chiesetta. I suoi sforzi furono premiati perché il 7 dicembre 1910la chiesa e la canonica per il mansionario furono donate alla parrocchia di Pozzoleone..”
Il conte Carlo Enrico Bardeau che desiderava fosse ingrandito l’oratorio, dette incarico all’arch. Luigi Toniato di Vicenza di progettare il nuovo santuario dalla parte nord del primigenio presbiterio, che venne conservato intatto con l’immagine miracolosa della Madonna.
Per realizzare l’opera venne deviata la antistante strada comunale, come visibile tutt’oggi.
“Così rinnovata ed ingrandita, la nuova chiesa di Scaldaferro si prestava ad ospitare funzioni importanti, come quella del 28 aprile 1915, quando si organizzò un solenne pellegrinaggio al santuario per chiedere la pace alla Madonna o che almeno l’Italia non entrasse in guerra.
Ma lo spazio interno alla chiesa risultava comunque insufficiente, le messe erano assai frequentate e così alla parrocchia di Pozzoleone, proprietaria del tempietto mariano, non restava altro che valorizzare questo edificio sacro tanto considerato dalla devozione popolare.
Il 4 giugno 1923 iniziarono i lavori di completamento… L’8 settembre successivo fu il Vescovo di Padova mons. Elia Dalla Costa, già parroco di Pozzoleone, a benedire il rinnovato santuario.”
Il 20 marzo 1954 venne costituita la Parrocchia di Scaldaferro, che quindi assunse la titolarità dell’area del Santuario, corrispondente ai mappali n. 4 (corpo centrale dell’edificio), 727, 729, 730, 797, 798, ed altri da meglio definire nel Foglio catastale 8°.
Negli anni successivi l’allora parroco di Scaldaferro, don Giulio Dall’Olmo dotò il Santuario di uno spazio sacro denominato “Il Porticale” ricavato dall’ex stalla del complesso, (mappali 797 e 798) che è stato decorato nel 2006 con mosaici del gesuita sloveno padre Marko Ivan Rupnik. Il mosaico, grande oltre 120 mq, rappresenta la spiritualità della Madonna della salute, in quattro episodi: la presentazione di Gesù nel tempio, la guarigione del paralitico, la morte di Gesù e la resurrezione del Salvatore. “E’ stato un lavoro un lavoro lungo tre anni che ha trovato collocazione nel nuovo spazio suggestivo della chiesa con particolari effetti architettonici. Un gruppo di artisti di otto nazionalità e di quattro chiese diverse, ha lavorato alle dipendenze di padre Rupnik per tre anni e nella settimana che è servita al suo posizionamento I materiali impiegati sono molteplici : si va dagli smalti agli ori, dai marmi ai graniti. Lo stile si ispira alla tradizione d’Oriente, all’arte di Bisanzio, con chiari richiami all’arte del 2000.” (resoconto al Gazzettino del giornalista Pio Brotto, 30.05.2006).
Dal 1993 i custodi del santuario sono la Comunità Marianista.
La valorizzazione religiosa del Santuario della B.V. Maria “Salus Infirmorum” è proseguita in questo secolo, sia da parte dei custodi religiosi che nel …. hanno recuperato i vecchi alloggi del patronato destinandoli alla ospitalità di adulti senza famiglia, conosciuta come “Casa Madre della Misericordia”, sia da parte del Comune di Pozzoleone che ha inteso favorire la frequentazione dei pellegrini deviando il traffico antistante il Santuario e razionalizzato un ’accesso a sud, con un ampio parcheggio per consentire l’accesso dei numerosi pullman di pellegrini.
A tale scopo, sin dal dal 2005 venne approvato un Piano Particolareggiato che prevedeva la realizzazione di una bretella principale, via Don Giulio Dall’olmo, e di una rotatoria sulla SP. ,denominata della Transumanza.
il Santuario di Scaldaferro era stato inserito nell’ambito del Progetto “Per Grazia Ricevuta” che dall’Anno Giubilare 2000 promuoveva interventi di valorizzazione per la sistemazione dei Santuari Mariani di Monto Berico, Assisi, Padova e, appunto, Scaldaferro.
Con contratti del 2009 i privati hanno bonariamente ceduto al Comune le superfici per la realizzazione del nuovo passaggio pedonale a sud, sui mappali n. 503, 1033 e 1034, ed in tal senso con deliberazione della Giunta Comunale n. 156 del 17/12/2011 è stato approvato il progetto preliminare delle opere di urbanizzazione dell’accesso sud al Santuario di Scaldaferro – “progetto P.G.R.” ai sensi della L.R. 3 febbraio 2006 n. 2”.
Con deliberazione di Giunta Comunale n. 62 del 17/05/2014 recante “Approvazione del progetto esecutivo 1° stralcio opere di urbanizzazione accesso sud Santuario di Scaldaferro”, predisposto dal tecnico incaricato ing. Mario Costa , prot. 4293 del 16/05/2014, venne approvato un progetto diimporto complessivo di €. 165.000 di cui €. 124.740 per lavori, finanziato dalla Regione Veneto e dalla ditta Aquasystem Srl, poi revisionato dallo studio tecnico Bisson Associati .
Con deliberazione della Giunta Comunale n. 71 del 26/06/2015 è stato approvato il progetto esecutivo del 2° stralcio dei lavori per la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria relative al parcheggio a sud del Santuario di Scaldaferro, sui mappali nn. 1035, 1037 e 1047, predisposto per conto della ditta Aquasystem S.R.L. dallo studio tecnico Bisson Associati, dalla stessa incaricato, pervenuto a questo Comune presentato in data 22/05/2015, protocollo comunale n. 4151, il cui quadro economico, ammonta ad € 184.000,00 di cui €. …. Per lavori.
Da ultimo, il parcheggio dell’accesso Sud del Santuario, sui mappali dianzi indicati, con un parco giochi attrezzato per bambini, approvato con deliberazione n. 7 del 28.02.202 su progetto dell’ing. Mario Costa, prot. 770 del 07.02.2022. è stato intitolato a… proprio in occasione del Giubileo straordinario del 2015.
Oggi il Santuario si presenta in tutta la sua piena accessibilità ed attende la folla di pellegrini per il Giubileo 2025, che vedrà lo svolgimento di diverse iniziative religiose e promozionali.
A tale scopo la Giunta comunale ha approvato anche l’allestimento di una “area camper” a nord del santuario, in adiacenza all’area cimiteriale, su progetto dell’ing. Mario Costa, per un importo di €. 250.000,00 di cui €. 182.700, a base d’asta, per concorrere ai finanziamenti della Legge 234/2021.
Si ringrazia l’autore della pubblicazione prof. GIORDANO DELLAI, per la gentile concessione alla pubblicazione degli stralci sopratrascritti.
Il Santuario di Scaldaferro ed il cammino “Romea Strata” nel Giubileo 2025
Pozzoleone e Scaldaferro sono contigui alla diramazione internazionale Passo Resia – Bassano del Grappa – Roma del cammino dei pellegrini “Romea Strata”, che conduceva i viandanti dal Nord Europa (Paesi Baltici, Polonia, Cechia, Austria) a Roma, passando per varie regioni italiane, così come altri famosi cammini (via Francigena, via Rome Germanica, via Annia, ecc.)
In particolare , la diramazione di Passo Resia incontra a Bassano del Grappa il tragitto nazionale Enego – Fucecchio – Roma, che si inizia sull’Altopiano di Asiago con a Via del Saliso – Transumanza, ovvero una via “armentaria” che serviva per spostare gli animali nelle malghe durante i mesi caldi e viceversa.
Da Bassano del Grappa il percorso si dirige in due direzioni.
Da un lato verso Camposampiero, con i Santuari Antoniani, e poi a Padova, con la meta della Basilica di S. Antonio.
Dall’altro lato verso Vicenza, ove si trova la Basilica di Monte Berico.
Di specifico interesse per il nostro comune, è quindi un percorso che uscendo da Bassando del Grappa
E seguendo il percorso del fiume Brenta sugli argini della Ciclovia del Brenta, consente ai ciclisti di visitare il Santuario di Scaldaferro e di qui, arrivare a Monte Berico.
Ricordiamo infatti che il Decreto del Ministero del Turismo 23 giugno 2022, recante “Misure attuative del Fondo per i cammini religiosi di cui all’articolo 1 comma 963 della Legge 30 dicembre 2021 n. 234”, all’articolo 1 definisce i cammini religiosi come “ .. gli itinerari escursionistici a tema religioso o spirituale, percorribili esclusivamente o prevalentemente a piedi o con altre forme di turismo lento e sostenibile, di livello interregionale e regionale”.
Ragion per cui, il Santuario di Scaldaferro attende i Pellegrini sia per il Giubileo 2025 Pellegrini di Speranza, che ogni altro giorno.
Si ringrazia la Fondazione Homo Viator – San Teobaldo, nella persona di don Raimondo Sinibaldi, da cui sono tratte delle informazioni e delle immagini quivi riprodotte ( → romeastrata.org ) .
La Via Romea Strata e la Romea Transumanza-Saliso
Per illustrare la Via Romea Strata, estrapoliamo alcuni brani della dott.ssa LUISA DAL PRA’, nel libro “PROGETTO LOOK UP, LA RISCOPERTA DEL PATRIMONIO ARTISTICO E RELIGIOSO TRANSFRONTALIERO IN TIROLO ORIENTALE, FRIULI E VICENZA”, stampato nel 2021 dal Interreg Italia- Osterreich.
“La Via di cultura e di fede Romea Strata è una iniziativa ideata, promossa ed elaborata da Fondazione Homo Viator – San Teobaldo. Rappresenta un itinerario che valorizza un’antica via di pellegrinaggio, solcata nei secoli da molti uomini e donne che s dirigevano verso importanti mete di fede, dette anche peregrinationes maiores: Roma, Santiago Gerusalemme. La Via Romea Strata era una rotta europea importante, percorsa dai pellegrini che partendo dall’Europa centro orientale affrontavano il cammino per giungere al cospetto della tomba degli apostoli Pietro e Paolo. La parte italiana della via Romea Strata comprende un cammino principale con ingresso da Tarvisio, dove inizia la via Romea Alemagna, che attraversando il Friuli Venezia Giulia, da nord-est a sud-ovest, arriva all’antica città romana di Concordi Sagittaria in Veneto. Vi sono poi tre diramazioni internazionali, che si costituiscono come ingressi alternativi in Italia (da Miren, Passo Monte Croce Carnico e Passo Resia) ed altre tre diramazioni nazionali da Verona, Bassano Del Grappa ed Enego, che confluiscono tutte le cammino principale fino a raggiungere Roma” “L’antico tracciato che dall’Altopiano di Asiago conduce a Vicenza, riscoperto dalla Via di cultura e fede Romea Strata, è stato denominato Romea transumanza – Saliso. Esso deve il suo nome composto a due elementi strettamente in connessione che lo caratterizzano. Le vie armentarie romane e la migrazione delle greggi detta transumanza. Tra il II° sec. A.C. e il I° sec. A.C., i Romani espandono i loro territori e costruiscono le principali città, fino a che i territori del nord – est d’Italia diventano la “X Regio Venetia e Histria” e viene fondata la città di Aquileia. In questa regione vengono costruiti ponti, canali, argini e strade ed essa diventa un’importante crocevia di comunicazione con il nord e l’Oriente dell’Impero. Al centro di questo reticolo sorge la città di Padova, circondata da una grande pianura fertile e da comprensori pedemontani ed alpini che offrono legnami, metalli e liberi spazi per i pascoli. Queste fortunate circostanze permisero lo sviluppo e la costruzione delle antiche vie di transumanza e armentarie verso l’Altopiano dei Sette Comuni come quella denominata “ del Sejo” presso la città di Marostica. La sua costruzione si fa risalire probabilmente al I° sec. D.C. come strada armentaria romana. Essa serviva per portare gli armenti dalla pianura ai pascoli dell’Altopiano, ma anche a far transitare le merci dell’attività armentaria estiva (il formaggio, la ricotta, le lane, addirittura il ghiaccio) verso la città di Padova. Di questa strada rimangono visibili alcuni tratti come ad esempio quello dalla frazione di Crosara di Marostica a Gomarolo di Conco. Tra la fine del 1800 e la prima metà del 1900 molte famiglie dell’Altopiano lasciano le loro case per cercare lavoro altrove. La pastorizia, per secoli attività principale, era entrata in crisi e ciò stava determinando profondi cambiamenti. Parecchie famiglie si insediarono ai piedi dell’Altopiano, in particolar modo ai confini tra Vicenza e Padova, in luoghi caratterizzati da risorgive e prati stabili, dove gli ex pastori, passati all’allevamento bovino, poterono più agevolmente esercitare la loro attività. Rimane viva tutt’oggi la pratica della transumanza in primavera/estate di condurre il bestiame verso gli alpeggi in quota dove si possono trovare pascoli più freschi percorrendo gli antichi tracciati romani che collegano pianura e montagna”.
Si ringrazia la Congregazione delle Suore Orsoline di Vicenza e la Fondazione Homo Viator – San Teobaldo, da cui sono tratte le informazioni e le immagini quivi riprodotte ( → romeastrata.org ) .
La Strada della Transumanza
Gabriele D’Annunzio nella poesia “i pastori” scriveva: “ Settembre, andiamo. E’ tempo di migrare. Ora, in terra d’Abruzzi, i miei pastori lasciano gli stazzi e vanno verso il mare. Scendono all’adriatico selvaggio che verde è come i pascoli dei monti.”. Verso la fine del mese di settembre o inizio ottobre, in giorni diversi, i centri abitati di Pozzoleone e Scaldaferro si popolano delle mandrie dei bovini che vengono riportate in pianura dai pascoli delle malghe dell’Altopiano dei 7 Comuni, in quanto la via più semplice è la Strada Provinciale 52 “Bassanese”, che da Marostica e Nove arriva a Schiavon, Pozzoleone, Bressanvido, San Pietro in Gù, Gazzo, e Carmignano di Brenta. Storicamente, la transumanza è la migrazione delle mandrie (e dei greggi) che si spostano dai pascoli di pianura verso le colline (in primavera) e viceversa (in autunno) allo scopo di alimentarsi con erba e fieno di qualità superiore, percorrendo le antiche vie armentarie. In diverse parti d’Italia , queste vie sono realizzate in sassi, dando origine agli storici tratturi, lunghi centinaia di chilometri, ufficialmente riconosciuti in centro e sud Italia dal “Registro della Rete Rurale del paesaggio storico e delle pratiche agricole tradizionali”. Nella pianura padana dei prati stabili medio Brenta, le transumanze più famose, e che danno origine anche a corrispondenti giornate di sagre e feste, sono quella di Bressanvido, quella di San Pietro in Gù, quella di Gazzo e quella di Camazzole di Carmignano di Brenta. La mandria di vacche, al suono dei campanacci, viene accompagnata dai malghesi, che attendono all’ordine ed alla pulizia della strada, e dai contadini vestiti nei pittoreschi costumi del secolo scorso. Sovente, durante il percorso sono affiancati da gruppi di cavalieri dei locali centri ippici, moderni cawboys. La transumanza di Bressanvido quest’anno si svolge dal 22 al 24 settembre, ad opera della azienda agricola Fattoria F.lli Pagiusco, partendo dalla Malga 5° Lotto di Marcesina (Enego), attraverso Gallio, Asiago, Conco, Fontanelle, Crosara, Marostica, Nove, Scaldaferro, e dopo oltre 90 km. arriva a Bressanvido, dove si festeggia il taglio della forma gigante del Formaggio della Transumanza. → (vai a foto/video). La transumanza di San Pietro in Gù (una volta di Barche) quest’anno si svolge dal 30 settembre al 1° ottobre, ad opera della azienda agricola Nicolin, partendo dalla Malga Campo Rossignolo di Monte Corno (Lusiana), attraverso Campana, Lusiana, Santa Caterina, Crosara, Marostica, Nove, Scaldaferro, e dopo circa 60 km. arriva a San Pietro in Gù, dove si assaggiano tosella e toro allo spiedo, con polenta. → (vai a foto/video). La transumanza di Gazzo quest’anno si svolge il 4 ottobre, ad opera della azienda agricola Famiglia Mascarello, partendo dalla Malga Corno (Lusiana), attraverso Campana, Lusiana, Santa Caterina, Crosara, Marostica, Nove, Scaldaferro, e dopo circa 50 km. arriva a Gazzo, con la successiva Antica Fiera Franca del Bestiame. → (vai al video). La transumanza di Camazzole di Carmignano di Brenta quest’anno si svolge il 24 settembre, ad opera della azienda società agricola Marini di Ugo e Raffaele, che durante l’estate utilizza la Malga Dosso di Sotto di Cima Larici (Asiago), a circa 75 km. e si conclude al ParcoSapori di Camazzole di Carmignano di Brenta, dopo alcuni giorni di festa in cui si assaggiano i piatti dei malghesi. Citiamo questa azienda per la fama della Malga, conosciuta come Malga dei Poeti, sia per la passata presenza di Mario Rigoni Stern, sia per l’ambientazione del film “Torneranno i prati” (2014) di Ermano Olmi, e che oggi viene rilanciata dall’ingegnere-agricoltore Matteo Marini, della storica famiglia originaria di Pozzoleone, di cui la Coldiretti ha presentato alla Mostra di Venezia 2023 il progetto di conservazione e rilancio “Poeti, registi e contadini.. ciak, si gira in Veneto”. → (vai a foto/video).
Nel 2019 la transumanza (di Bressanvido) è stata proposta al patrimonio immateriale dell’UNESCO, come richiesto anche con deliberazione della Giunta comunale di Pozzoleone n. 38 del 05.04.2018, per l’iscrizione al “Registro della Rete Rurale del paesaggio storico e delle pratiche agricole tradizionali ed il sigillo Unesco (il relativo decreto MASAF non è ancora stato emesso). Per sottolineare il collegamento tra la Strada Provinciale 52 Bassanese e gli eventi della transumanza, nella frazione di Scaldaferro è stata costruita dal Comune di Pozzoleone la
fontana della transumanza, posta all’interno della rotatoria tra la SP. 52 Bassanese e la SP. 53 “della Soella”, a cavallo del confine tra Sandrigo e Pozzoleone. Caratteristica della fontana, oltre alla dedica “Strada della Transumanza” sul manufatto in pietra, è la vasca d’acqua a simboleggiare le risorgive dei prati stabili medio brenta, che sversa l’acqua sul canale interno, che l’Amministrazione comunale volle preservare rispetto ai troppi tombinamenti fatti in altri luoghi. Una idea di sostenibilità ambientale premiata anche dal co-finanziamento regionale.
Si ringraziano i Comuni di Bressanvido, San Pietro in Gù, Gazzo, Carmignano di Brenta e l’Ufficio tecnico di Pozzoleone, nella persona dell’arch. Giorgio De Antoni, per le informazioni e delle immagini qui riprodotte ( → www.comune.pozzoleone.vi.it ) nonchè ZProduction Studios per i video concessi.
Transumanza di Bressanvido 2023
Transumanza di Gazzo 2023
Transumanza di San Pietro in Gu 2023
Transumanza di Camazzole – Pozzoleone 2023